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Podcast: Un piccolo imprenditore

Stagione 01 - Episodio 06

All'inizio del 2008 venni assunto dall'Azienda di cui il mio babbo era socio al 50%. Era una piccola azienda di servizi e consulenza all'industria. Si occupava di informatica gestionale, organizzazione, qualità e sicurezza, e contava quasi una decina di dipendenti più i due soci...

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Trascrizione

Questo episodio del podcast è rilasciato con licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.

Attribuzioni, riferimenti e ringraziamenti

Articolo Strade e Autostrade

Update: i video seguenti non son più disponibili. Ho rimosso la playlist e i video da Youtube. Mia playlist su YT con i video della simulazione di incendio


Rock Opener - Short by Lite Saturation - CC-BY-ND - Attribution-NoDerivatives 4.0 International License.

Warm Breeze by Evan Schaeffer - CC-BY - Attribution License.

I’ve Been Waiting For You (instrumental) by Silence Is Sexy - CC-BY-NC-SA - Attribution-Noncommercial-Share Alike 3.0 Netherlands License

Mopeds by Beat Mekanik - CC-BY - Attribution 4.0 International License

Decisions | Illusions | Confusions by The Kyoto Connection - CC-BY-NC-SA - Attribution-NonCommercial-ShareAlike License

Trascrizione

Eh, sì, da questo episodio ho aggiunto una breve “sigla”. Ci ho messo diverse ore a sceglierla e spero che possa essere di tuo gradimento. Si tratta di un pezzo che ho trovato su Free Music Archive, la fonte primaria della musica che avrai sentito di sottofondo agli altri episodi e di cui trovi le dovute attribuzioni sul mio sito 77nn.it.

Il pezzo che ho scelto si intitola genericamente Rock Opener di Lite Saturation, di cui non ho trovato quasi nessuna informazione, se non che produce o producono questo genere di intermezzi, sigle e “music logo”. Però picchia!

Bene, dopo la doverosa informazione di servizio, veniamo all’argomento di questa puntata, in cui ti parlerò prevalentemente della mia esperienza lavorativa alle dipendenze di mio padre, o meglio, del mio babbo, che è venuto a mancare 3 anni e poco più di un mese fa.

Era un piccolo imprenditore, è stato il mio babbo, ed è stato prima di questi un musicista e il marito di mia madre, ma io mi soffermerò sugli aspetti che mi sono più vicini, cioè i primi due. Questo per dire che c’era molto di più in lui di quello che io sia mai riuscito a carpire e che posso riportare con relativa fedeltà.

Non è un segreto che da sempre ho avuto alti e bassi con lui, ma gli ho sempre voluto bene. Era un genitore piuttosto “impositivo” ed esigente. A volte, forse, al limite. Ma sono certo che le sue decisioni drastiche e impopolari le abbia sempre fatte per cercare di farmi del bene.

Questo, si capisce, nella sua personale idea di bene. Era rimasto orfano di padre a 14 anni e ha dovuto sobbarcarsi il peso di una famiglia. Questo ha probabilmente generato diversi spigoli nella sua personalità e non gliene ho mai fatta una colpa. Però avrei voluto meno imposizioni.

Anche la mia scelta di entrare in Marina, di cui ho parlato nell’episodio 4, è stata in parte dettata dalla sua invasività nelle decisioni che riguardavano il mio futuro.

Era il mio modo per ribellarmi e dirgli che se dovevo obbedire a qualcuno, quel qualcuno non era lui. E questo colpo lo sentì forte, credo. Ma non poteva farci nulla ormai. Fu sempre suo il piano per “riportarmi da lui”, dopo i fatti che ti ho raccontato nell’episodio scorso, e in questo ebbe successo.

All’inizio del 2008 venni assunto dall’Azienda di cui lui era socio al 50%. Era una piccola azienda di servizi e consulenza all’industria. Si occupava di informatica gestionale, organizzazione, qualità e sicurezza, e contava quasi una decina di dipendenti più i due soci.

Il motivo principale per cui ero lì, era che avevamo un cliente che poteva fornirci un contratto di subappalto per sviluppare i sistemi di automazione e supervisione di diversi tunnel autostradali, e io dovevo occuparmi della progettazione e dello sviluppo di tali sistemi. Non da solo, per ovvie ragioni di volume di lavoro, ma in un parte consistente: voleva che la competenza rimanesse dentro l’azienda, in mani affidabili, e non in mano ad un dipendente o un terzista che avrebbero potuto “portarla via” dopo averne appreso tutti i dettagli.

Per una piccola azienda, mantenere le competenze all’interno è vitale, e le piccole aziende, se possibile, le mettono in mano a persone che difficilmente possono svincolarsi senza “rompere i piatti”.

Feci diversi corsi presso le varie aziende che fornivano i PLC (controllori a logica programmabile) e i sistemi così detti SCADA da cui controllare, supervisionare e raccogliere dati dagli impianti. Col passare degli anni raccogliemmo commesse anche per l’industria manifatturiera, ma la nostra specialità rimanevano le gallerie. E prendemmo un paio di bei contratti anche per sistemi di tunnel ferroviari, che avevano un livello di complessità e di sicurezza ben più alto di quelle stradali o autostradali. Mi qualificai cone FSEng presso il TUV (Functiona Safety Engineer), tecnico abilitato allo sviluppo e progettazione dei “Safety Intrumented Systems”.

L’apice delle commesse fu la fornitura, installazione e startup di tutto il corredo tecnologico, oltre che la tipica ed economicamente limitata automazione e supervisione, di un intero tunnel. Un progetto che valeva quasi due milioni di Euro…

Il racconto di questo progetto lo lascerò ad un altro episodio, perché da sé varrebbe tutta la “stagione” del podcast, vi dico solo che avevamo raggiunto un riconoscimento nel settore che valicava i confini nazionali: ci contattò direttamente il Direttorato delle strade del Kurdistan iracheno…

Quindi, posso dire, la mia assunzione in azienda aveva soddisfatto un certo numero di aspettative. Ma anche… no.

L’aspettativa vera di mio padre, che conoscevo, la vedevo chiaramente anche se facevo finta di nulla, era che io gli succedessi alla guida dell’Azienda. E io ero titubante per diversi motivi. Uno di questi motivi era che io non ero un “commerciale”. Sapevo fare delle belle offerte, relazioni, analisi dettagliate, progetti ambiziosi, con preventivi accurati. Ma non sapevo conquistare la fiducia del cliente.

Non avevo la faccia da culo necessaria al ruolo, sia del commerciale che dell’Amministratore. Non sapevo mentire, non sapevo nascondere ciò che andava nascosto, anzi lo evidenziavo come criticità. Non riuscivo, come lui, a “vendere il fumo delle stiacciahe”, ma “potevo fare l’occhi a gatti”, sempre per restare in tema di modi di dire.

E in questo io ero un fallimento per lui. Non come figlio, so che mi stimava e mi riteneva intelligente, anche se non me l’ha mai confessato. Come erede di volontà, come imprenditore, nulla. Non c’ero. E non mi seccava ammetterlo. Avevo ben chiara la mia identità di persona e di professionista, e non aveva nulla a che fare con l’imprenditoria.

Un altro aspetti che mi faceva dubitare del ruolo che si aspettava io ricoprissi, verso la fine di quell’avventura, era l’avere a che fare con l’altro socio dell’azienda. Ci fu un momento preciso in cui certi eventi mi fecero cambiare opinione su quella persona e nulla me l’avrebbe più fatta recuperare in positivo. E questo incise nella mia preoccupazione per il futuro, ma non fu in alcun modo il motivo principale della fine del mio rapporto di lavoro con l’azienda. Magari fosse stato quello!

L’azienda non navigava nell’oro… tutt’altro. Purtroppo ci ritrovammo stretti dalla morsa della crisi dello spread (dal 2011 alla fine del 2012), in cui i nostri clienti, aziende impiantistiche, per lo più, iniziarono a smettere di pagare i fornitori, noi compresi. Alcune fallirono, e i crediti che avevamo con loro, che pagavano non a 30, né a 60, ma se andava bene a 120 giorni, o più spesso “alla prossima commessa”, svanirono. Le stazioni appaltanti, come Autostrade per l’Italia e Autostrade Tech per dirne due, facevano spallucce, anzi ci spingevano con promesse a voce che non potevano mantenere, a completare i lavori perché urgeva riaprire dei tratti autostradali chiusi.

Avete presente le gallerie Pozzolatico e Melarancio, sulla A1 a Firenze? Quelle due gallerie sbrilluccicanti sulla direttrice SUD? Con i colleghi sviluppammo l’automazione degli impianti di ventilazione, illuminazione e di gestione dell’alimentazione elettrica. Ero nel locale tecnico a fare i collaudi del sistema di automazione all’apertura della tratta quella notte, e a fare le simulazioni di incidente e incendio con Vigili del fuoco e croce rossa per verificare che tutto funzionasse come previsto. Funzionava a meraviglia. Vi lascio il link ad un articolo e alla mia playlist di video su Youtube nelle note sul sito, non è frequente vedere certe scene.

Riuscimmo per un po’ resistere, in qualche modo che ignoro… a sopravvivere, ma tra mille difficoltà. Nemmeno bastò la commessa del Kurdistan presa nel 2013, a darci una boccata di ossigeno.

Che poi, anche lì sfiga galattica: ricordate cosa successe a giugno del 2014 in Iraq? Mentre ero là con 40 gradi all’ombra durante i collaudi? Vi dice nulla la nascita del Califfato dello Stato Islamico? Quel giorno scappammo con il primo aereo possibile.

Esito: non ricevemmo mai l’ultimo pagamento (o gli ultimi due, non ricordo di preciso) e questo fatto, assieme ad altre vicende, uccise l’azienda definitivamente.

A Natale del 2014 mio padre mi disse (anzi, ci disse a tutti in azienda) con mestizia e rassegnazione, ma senza vergogna: “aggiornate il curriculum, perché qui la baracca salta da un momento all’altro”.

Col senno di poi, forse, sarebbe stato meglio se fosse “saltata” ben prima, ma il mi babbo non prendeva bene le sconfitte e i fallimenti. E in più, per qualche motivo che forse intuisco, era esternamente inibito dal farlo. E questo generò successivamnte altre vicende con lunghi strascichi che ancora oggi sono in essere, che non so se racconterò, essendo particolarmente intricate e attuali.

Io ci avevo provato. Il senso di delusione e sopraffazione era superato solo dall’urgenza di trovare un impiego per dar da mangiare alla mia famiglia. Ero al mio limite minimo di sussistenza di sempre in vita mia, non sapevo come avrei potuto fare la spesa il mese successivo.

Dopo due o tre mesi senza stipendio (no cassa integrazione, no risparmi, il fido al limite, la carta di credito bloccata, il babbo ricoverato per infarto durante un intervento alla prostata, con una moglie e due figlie piccole a casa, applicai per un altro lavoro e fortunatamente fui assunto (quasi) subito.

Devo molto alla piccola azienda a conduzione “quasi” familiare. Ho imparato un mestiere, l’ho imparato bene, e mi ha consentito di andare avanti ed essere apprezzato e desiderato da altre realtà. Oggi lavoro per una multinazionale, in una posizione di una certa responsabilità tecnica a cavallo tra IT e automazione industriale e credo di star lavorando bene. Sono soddisfatto di quello che ho raggiunto e mi sento fortunato che alla fine le cose stiano funzionando.

Ma come sempre, in ogni situazione, esiste un lato in ombra, direi quasi oscuro. Un lato vagamente accennato e che mi guardo bene dell’affrontare. Ma che pesa dentro di me come un macigno. Non saprei se chiamarla “ingenuità” o “eccesso di fiducia”, ma è qualcosa del genere. Nulla di illegale, ci mancherebbe. Parlo di relazioni, fiducia e riconoscenza e di quanto facilmente possano essere tradite e calpestate ad ogni passo, da chi meno te lo aspetti. E sono queste cose che alla fine, quando tutto è superato e tutto è pulito, lasciano il loro olezzo che non se ne va. Ma non ci faremo rovinare la vita da queste inezie.

Grazie per avermi seguito fino a qui! Ci sentiamo al prossimo episodio dal titolo “Quel tunnel del Kurdistan”.

Sigla!

(Ma quanto è fico dire “Sigla!”???)

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